Antenne per ricevere "energia cosmica"

Derivano da un brevetto di Tesla?

Antenne per ricevere "energia cosmica"

Nikola Tesla, grande studioso dell’elettromagnetismo, è uno degli scienziati più gettonati tra i sostenitori di teorie alternative: spesso gli vengono attribuite invenzioni e scoperte di cui non è possibile rintracciare però alcuna prova concreta.

Le piastre di Tesla, secondo la ditta rivenditrice Idealandia, non apparterrebbero a questa categoria: inventate da Ralph Bergstresser, sono state vendute in 50 milioni di esemplari come “antenne di free energy” in grado di contrastare l’inquinamento elettromagnetico. Quelle messe in vendita da Idealandia sarebbero addirittura due volte più efficaci, grazie a un “processo frequenziale segreto ed unico al mondo”.

Con queste premesse c’è la possibilità di chiedere un riscontro effettivo delle affermazioni: le radiazioni elettromagnetiche sono facilmente misurabili, ma cosa significa che le piastre sono due volte più efficaci delle precedenti? Su questo punto si concentra il nostro asker, che chiede attraverso quali prove sia stata misurata l’efficacia delle piastre, e se esistono degli studi documentati in merito.

Nessuna risposta arriva però dalla ditta, che è invece molto sollecita nel consigliare di consultare il proprio sito per ottenere le informazioni relative ai propri prodotti; in effetti qui è possibile trovare ampie descrizioni del presunto funzionamento delle piastre, che sarebbero antenne in grado di trasmettere e ricevere “energia cosmica”, la cui natura viene associata all’energia radiante o prana, o all’energia dei tachioni, particelle più veloci della luce.

Si tratta di riferimenti confusi e contraddittori a terminologie utilizzate dai fisici, le cui ricerche non hanno però mai portato prove a favore di queste teorie: l’esistenza dei tachioni non è mai stata provata, non siamo a conoscenza di processi per cui «la barriera dimensionale (il campo scalare) viene perforata e l’energia della dimensione che sta sopra viene introdotta in questo universo», o di flussi «di energia vitale [...] in grado di ordinare le strutture subatomiche, allineare uniformemente le strutture molecolari, e indebolire i campi di perturbazione dei corpi».

I termini scientifici, come in molte affermazioni pseudoscientifiche, vengono utilizzati fuori dal loro contesto: per esempio il “campo” – scalare, vettoriale o tensoriale che sia – è un concetto matematico che non esiste nella realtà ma viene utilizzato moltissimo in fisica per creare modelli matematici. Non è certo una «barriera dimensionale» da perforare. Per far passare l’energia della «dimensione che sta sopra», qualunque cosa voglia dire.

Seguendo la pagina esplicativa delle Medaglie di Tesla troviamo anche una foto che mostrerebbe il risultato di un esperimento atto a provare l’efficacia del dispositivo. Si tratta di una foto del dito anulare – scattata tramite un dispositivo particolare – prima e dopo l’esposizione alle piastre di Tesla. Questa foto dovrebbe essere una misura del «livello di energia di un individuo»: tralasciando il problema di base, cioè il fatto che la quantità misurata non è rigorosamente definita, la procedura sperimentale non è sufficiente perché questa possa essere da noi considerata una prova valida: innanzitutto il procedimento sperimentale non è stato descritto, come accennato la quantità da misurare non è definita e non è specificato perché quella fotografia dovrebbe rilevarla. Inoltre non viene presentata una statistica, né tantomeno un campione di controllo, e non è dunque possibile verificare se l’effetto misurato sia un caso fortuito o se, anche misurando qualcosa, i risultati non possano essere spiegati con fenomeni già noti senza dover implicare l’esistenza di ulteriori «forze cosmiche».

Alla base di queste Medaglie di Tesla, viene dichiarato sul sito, c'è il brevetto di Tesla N. 685 957, «attraverso cui realizzare queste antenne riceventi e trasmittenti energia cosmica». L’azienda avvalora questa affermazione scrivendo che  «Addirittura siamo riusciti ad ottenere il deposito originale del brevetto del 5 novembre 1901» e ne rende disponibili le immagini, in cui si vede chiaramente quello che sembrerebbe a tutti gli effetti essere un’antenna. Anche noi siamo riusciti a ottenere il brevetto, con una ricerca su Google. Addirittura siamo riusciti a ottenere anche il testo associato ai disegni, ed è tutto disponibile su Google patents a questo indirizzo  (qui il pdf della scansione).

Leggere un brevetto di Tesla del lontano 1901 con le conoscenze scientifiche moderne è affascinante. Bisogna ricordare però una cosa importante, che fra l’altro enfatizza ulteriormente la genialità di Nikola Tesla: si sta parlando dell’anno 1901 e bisogna dunque riportare le affermazioni in quel contesto storico. Per esempio, lo spettro elettromagnetico e la sua interazione con la materia erano tutt’altro che chiari, per non parlare poi della sua relazione con le radiazioni: la radioattività era stata scoperta da poco, nel 1896 da Bequerel e dai coniugi Curie. Si stava accumulando una serie di dati sperimentali la cui spiegazione in un modello teorico soddisfacente arriverà parecchi anni più tardi con lo sviluppo della Meccanica Quantistica. C’erano dunque gli esperimenti di Rutherford, che mostravano l’esistenza del decadimento alfa, e i “raggi di Roentgen”, che oggi chiamiamo “raggi X”. Tesla però non lo poteva sapere nel 1901, e quindi poteva solo riferirsi a delle “energie radianti” per indicare tutta questa serie di fenomeni. In un certo senso è vero: si trattava, allora, di “energie sconosciute”. Oggi le conosciamo benissimo e associare a questo brevetto l’esistenza di “misteriose energie cosmiche” è una fallacia logica di contesto, ovvero considerare delle affermazioni fuori dal contesto in cui sono state fatte.

Leggendo il brevetto si osserva un’altra cosa: quello che dal disegno potrebbe sembrare un’antenna, non lo è affatto. Quello che Tesla propone è un dispositivo costituito da una piastra metallica che è in grado di raccogliere – usiamo le sue parole – «energia radiante» e immagazzinarla temporaneamente in un condensatore che vi è collegato in serie. Il condensatore, quando adeguatamente carico, potrà essere utilizzato per un breve periodo come se fosse una batteria. Suona familiare?

 

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                                 Dei lontani “discendenti” del dispositivo brevettato da Nikola Tesla

 

Dovrebbe. Ne avete visti molti. Il meccanismo brevettato da Tesla non è un’antenna ma un dispositivo che sfrutta l’effetto fotoelettrico – a cui Einstein darà una spiegazione teorica solo quattro anni più tardi, nel 1905, con il famoso lavoro che gli valse il premio Nobel (no, non era la relatività, lo abbiamo creduto in molti!). Ancora: nel 1901 non c’era una spiegazione del fenomeno e Tesla non poteva certo dire: «Brevetto dei pannelli solari, così in futuro su Internet la gente mi citerà per qualcosa che ho realmente fatto». Un po’ perché non conosceva Internet, ma un po’ anche perché siamo comunque ancora ben lontani da un pannello solare. Però l’idea è quella, e il principio fisico utilizzato è lo stesso.

In conclusione il brevetto menzionato descrive un dispositivo che funziona con dei princìpi fisici oggi del tutto noti e non contiene nulla in grado di giustificare le affermazioni prodotte dall’azienda riguardo a inquinamento elettromagnetico e al “livello energetico” di un individuo.

L'iniziativa Chiedi le Prove è consapevole che il dialogo è l’unico modo per rendere una società responsabile e attenta alle proprie esigenze. Auspichiamo, quindi, un ulteriore aggiornamento di questa vicenda e rimaniamo a disposizione qualora ci sia la volontà di dare origine a un dialogo che risulti costruttivo.