Terapie domiciliari COVID19

Esistono delle alternative a quella ufficiale?

Terapie domiciliari COVID19

Il 31 dicembre 2019 la sezione cinese dell’OMS fu informata di un focolaio di polmonite a Wuhan, in Cina, focolaio dall’origine sconosciuta[1]. Pochi giorni dopo, precisamente il 9 gennaio 2020, l’OMS dichiarò che a partire da un campione prelevato da un paziente venne identificato un nuovo virus del genere coronavirus. Si tratta di un virus appartenente alla stessa famiglia del virus della SARS(Severe Acute Respiratory Syndrome), la cui epidemia scoppiò nel 2003, del virus della MERS (Middle East Respiratory Syndrome), la cui epidemia scoppiò nel 2012, nonché di alcuni virus abitualmente circolanti che causano il raffreddore[2]. Il virus si diffuse nel mondo abbastanza velocemente e da lì sappiamo com’è andata, fino alla dichiarazione di pandemia dell’11 marzo 2020. 

Quando si è di fronte a una minaccia nuova come il SARS-CoV-2, minaccia per la quale non si è preparati, si è nella spiacevole situazione di non avere a disposizione armi per combatterlo. Con armi si intendono in questo caso vaccini e farmaci specifici, come ad esempio antivirali. Affinché questi vengano sviluppati ci vuole del tempo, ci si deve quindi “arrangiare” con ciò che si ha nel mentre. In particolare attraverso gli NPI (Non Pharmacological Interventions) come il distanziamento sociale, le mascherine, il trattamento dei sintomi, nonché gli utilizzi off label dei farmaci (utilizzo di farmaci già esistenti per indicazioni diverse da quelle approvate). La situazione può sembrare abbastanza frustrante e può comprensibilmente generare un certo senso di impotenza.  C’è quindi chi si impegna a cercare dei protocolli validi per la cura di una nuova malattia. Per esempio il sito "terapia domiciliare covid19" si propone di aiutare i pazienti in isolamento per via del COVID-19 attraverso un protocollo terapeutico somministrato da personale medico. Il sito non fornisce informazioni chiare riguardo il protocollo utilizzato, tuttavia avremo comunque modo di vederlo in dettaglio. Il sito si occupa anche di informazione sul COVID  e porta avanti iniziative legali. 

Gianluca incuriosito da queste informazioni ha scritto al sito per saperne di più. In particolare ha richiesto in che cosa consistesse il protocollo e quali prove scientifiche vi fossero a suo sostegno. Purtroppo non ha ricevuto risposta al momento, nemmeno dopo un sollecito. 

Come al solito quando non si ottiene risposta non si deve andare in panico, proviamo quindi a capire se vi sono studi scientifici a sostegno delle terapie domiciliari promosse dal sito. In seguito vedremo invece nel dettaglio come viene gestito il paziente domiciliare secondo le linee guida ufficiali del Ministero.

Abbiamo scoperto che Il 30 dicembre 2021 è stato pubblicato sulla rivista Medical Science Monitor uno studio[3] riguardante le cure domiciliari proposte dal comitato “TerapiaDomiciliareCovid19”.  Lo studio  riassume l’esperienza clinica del Dr. Serafino Fazio, il quale ha seguito 158 pazienti che si sono rivolti al clinico attraverso il gruppo Facebook del comitato. Lo studio copre il periodo che va da novembre 2020 ad agosto 2021. Lo studio consisteva nel trattare i pazienti in isolamento domiciliare con una terapia così composta: indometacina (un antinfiammatorio non steroideo), cardio aspirina, un gastroprotettore, e un supplemento alimentare a base di vitamina C e antiossidanti. Riguardo l’indometacina vi è uno studio effettuato su 200 persone[4] il quale suggerirebbe che il farmaco riduce i rischi di un calo della saturazione dell’ossigeno rispetto ai pazienti che utilizzano paracetamolo. Per questo motivo è stato inserito nel protocollo. Si può iniziare con il notare che nonostante lo studio sull’indometacina in questione sia uno studio randomizzato ed in doppio cieco, quindi con una metodologia piuttosto solida, presenta comunque un campione ridotto, probabilmente insufficiente per trarre conclusioni. 

Il gastroprotettore è stato inserito nel protocollo per contrastare gli effetti collaterali degli antinfiammatori, effetti collaterali come le ulcere. 

La cardio aspirina a basso dosaggio è stata inserita per i suoi effetti antitrombotici, vale a dire per la prevenzione dei trombi. Questi ultimi sono coaguli di sangue (trombi) che si possono formare in un vaso sanguigno, interrompendo la circolazione del sangue e provocando la morte cellulare (necrosi) dell’organo verso il quale il sangue è diretto. È quindi un evento molto grave, che può essere causato anche da un’infezione. 

Nella gestione del paziente COVID, come indicato dalla circolare del Ministero della Salute risalente al 30 novembre 2020, nella prima fase della malattia prevalgono i fenomeni connessi alla replicazione virale, non sono raccomandate quindi le eparine (queste sono farmaci anticoagulanti, vengono usate appunto per prevenire i trombi) nei pazienti non allettati (i soggetti costretti a letto a causa della patologia o di deficit fisici. Se non riuscite ad alzarvi in piedi a causa di un febbrone da cavallo ad esempio siete considerati allettati) e/o non ricoverati, in quanto non vi sarebbero evidenze di una loro utilità in questa fase della malattia. Tuttavia per la gestione del paziente domiciliare l’AIFA consiglia le eparina a basso dosaggio, anche nelle fasi iniziali della malattia, ma solamente in pazienti con ridotta mobilità dovuta a una polmonite. In generale quindi la prevenzione tromboembolica è fattibile ma non per tutti i pazienti. I rischi trombo-embolici subentrano nelle fasi più acute della malattia con un’incidenza del 17%[5].  

Infine il supplemento alimentare è stato inserito per contrastare lo stress ossidativo[6], il quale avrebbe un ruolo nell’infezione, nonché per la presunta capacità della vitamina C di supportare il sistema immunitario. A tal proposito va notato che le linee guida del Ministero della Salute non consigliano supplementi alimentari, in quanto non vi sono evidenze solide riguardo la loro utilità[7]. Riguardo la Vitamina C l’OMS ribadisce che, nonostante la sua assunzione sia preziosa per il funzionamento del sistema immunitario, non vi sono evidenze che l’assunzione di dosi extra di vitamina C attraverso supplementi alimentari abbia un ruolo nel contrasto all’infezione[8]. 

I pazienti nello studio avevano un’età media di 47 anni nel primo gruppo di studio e di 45 nel secondo (vedremo tra poco a cosa si riferiscono i due gruppi), e un’infezione non grave. I pazienti gravi sono stati esclusi dallo studio, in quanto lo scopo di quest’ultimo era di valutare quanto una terapia tempestiva fosse in grado di ridurre il progredire della malattia verso uno stadio che avrebbe richiesto l’ospedalizzazione. I pazienti avevano l’infezione confermata da un tampone e i sintomi classici di un’infezione leggera: febbre, tosse secca, mal di testa, mialgie… 

I 158 pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, il primo ha iniziato la terapia due giorni dopo l’inizio dei sintomi, il secondo gruppo dopo 6 giorni circa. Questo è stato fatto per capire quanto avrebbe inciso la tempestività della terapia sul progredire della malattia. I pazienti dovevano riferire qualsiasi cambiamento nei sintomi al medico e monitorare la saturazione e la temperatura ogni giorno. Sono stati seguiti fino alla negativizzazione o all’ospedalizzazione (se la saturazione scendeva sotto il 92%). In quest’ultimo caso il protocollo si interrompeva. 

In questo senso i risultati sembrerebbero netti in quanto nel gruppo 1 nessun paziente è stato ospedalizzato, contro i 14 pazienti ospedalizzati nel gruppo di chi ha iniziato la terapia con ritardo. 

I risultati dello studio tuttavia sono meno solidi di quello che sembrano. Nello studio manca un gruppo di controllo composto da pazienti che abbiano gestito l’isolamento domiciliare come da linee guida del Ministero della Salute, indicate nella già citata circolare. Lo studio non è in grado quindi di dirci se il protocollo è superiore o meno a suddette linee guida, al di là degli effetti positivi che comunque può avere. 

Inoltre lo studio non è randomizzato, non essendoci quindi un’assegnazione casuale dei pazienti ad un gruppo piuttosto che all’altro, non possiamo sapere se anche involontariamente, conoscenze pregresse o pregiudizi personali del clinico abbiano provocato un’assegnazione non omogenea nei due gruppi. 

Come citato dallo studio stesso poi il campione è piuttosto esiguo, la COVID-19 è un’infezione che provoca malattia severa in una ridotta percentuali di pazienti, soprattutto tra le persone che abbiano la stessa media età dei volontari.L’infezione, in base a vari fattori, può provocare decorsi differenti da persona a persona, un campione così esiguo quindi non è sufficiente a rendere conto di tutte le possibili varianti che possono influenzare il risultato. 

Infine come menzionato ancora dallo studio stesso, trattasi di studio osservazionale retrospettivo, come anticipato si limita a registrare quanto accaduto, non sono state messe in atto metodologie tipiche di uno studio RCT (Randomized Control Trial). Come conclude correttamente lo studio stesso quindi con questo design non si è in grado di trarre alcuna conclusione riguardo l’efficacia del protocollo adottato. 

Non abbiamo invece evidenze sufficienti per stabilire l’efficacia del protocollo proposto dal Comitato Terapie Domiciliari. 

 

La Gestione del Paziente Domiciliare Secondo le Linee Guida Ministeriali

Vediamo ora come vengono gestiti i pazienti in isolamento domiciliare secondo le linee guida del Ministero della Salute. 

La già citata circolare del 30 novembre 2020 del Ministero della Salute fornisce appunto le linee guida sulla gestione del paziente COVID, in particolare per la gestione dei pazienti in isolamento domiciliare. 

Come ormai sappiamo le manifestazioni cliniche del SARS-CoV-2 possono variare molto da persona a persona ed in base a vari fattori. Prima di procedere quindi alla determinazione dell’approccio terapeutico occorre identificare il corretto grado di gravità della malattia ed il conseguente rischio di ospedalizzazione. Questo ha il duplice obiettivo di identificare il corretto approccio terapeutico (ci sono ad esempio come vedremo farmaci controindicati per  pazienti non gravi) per ogni stadio della malattia ed al contempo evitare di mettere sotto stress le strutture ospedaliere con ricoveri non necessari. 

Il paziente che andrà incontro a gestione domiciliare, per mezzo dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), coadiuvati da un familiare, presenta le seguenti caratteristiche: 

  • Assenza di dispnea (assenza di fiato) o tachipnea (aumento della frequenza degli atti respiratori) 

  • sintomatologia simil influenzale. Riniti, tosse senza difficoltà respiratorie, mialgia e cefalea 

  • febbre da meno di 72 ore 

  • Sintomi gastro enterici 

  • Perdita del gusto e dell’olfatto 


I pazienti a basso rischio sono quindi contraddistinti da un’assenza di fattori di rischio aumentato. L’obiettivo del monitoraggio durante l’isolamento è quello di cogliere per tempo l’insorgere di segnali che possono portare ad un peggioramento. Affinché vi sia omogeneità nella valutazione clinica si utilizza una scala di punteggio, la quale si basa su 5 parametri: pressione, frequenza respiratoria, stato di coscienza, frequenza cardiaca e temperatura corporea. Questa scala di riferimento viene utilizzata durante la valutazione iniziale e nel follow-up, questo monitoraggio può essere effettuato anche a distanza per via telefonica. 

Unitamente a questa scala uno strumento ottimo per monitorare lo stato clinico è l’utilizzo del pulsossimetro, lo strumento che permette di monitorare la saturazione dell’ossigeno (quell’aggeggio che si pinza al dito e che molti di noi hanno imparato a conoscere negli ultimi due anni). Può sembrare una cosa banale, ma la saturazione fornisce un dato oggettivo e affidabile per quantificare il rischio di malattia severa. Nei pazienti adulti, sani e non fumatori, si considerano nella norma valori a partire dal 95% in su. Monitorare questo dato è importante perché i pazienti a maggior rischio sono quelli con un valore di saturazione più basso di questa soglia. Il monitoraggio con il pulsossimetro permette di  identificare un peggioramento  con tempestività, in quanto spesso si ha un calo della saturazione senza che inizialmente si abbiano sintomi respiratori evidenti come dispnea (la tipica mancanza di fiato) e tachipnea (aumento della frequenza degli atti respiratori). Al contrario un soggetto che non presenta cali di saturazione può essere gestito a casa senza particolari problemi. La saturazione fornisce un’indicazione piuttosto chiara in questo senso. 

La vigile attesa altro non è che il monitoraggio dei parametri suddetti, in modo da essere pronti a far scattare gli adeguati protocolli in caso di peggioramento. In caso di isolamento domiciliare oltre alla vigile attesa e alla misurazione della saturazione con pulsossimetro viene raccomandata anche eventuale terapia sintomatica, che si sostanzia nell’utilizzo del paracetamolo (tachipirina) o dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) in caso di febbre, dolori articolari o muscolari, nonché adeguate idratazione e nutrizione. Come anticipato non vengono raccomandate le eparine se non in particolari circostanze, ed inoltre vengono assolutamente sconsigliati i cortisonici, in quanto non vi è evidenza di una loro utilità in quella fase della malattia. Inoltre potrebbero persino peggiorare la situazione, per via dei loro effetti immunosoppressivi, deleteri in una fase della malattia in cui vi è marcata replicazione virale[9].

Con la circolare del Ministero della Salute del 26 aprile 2021 inoltre è stato fatto un ulteriore passo in avanti[10]. È infatti stato raccomandato l’utilizzo degli anticorpi monoclonali per i pazienti ad alto rischio di ospedalizzazione. Questi ultimi sono pazienti anziani oppure con condizioni pregresse di una certa gravità, quali obesità, diabete mellito, immunodeficienze… La terapia deve essere somministrata il più presto possibile, in un contesto ospedaliero, preferibilmente entro le 72 ore dalla diagnosi e comunque in pazienti sintomatici da non più di 10 giorni. Un anticorpo monoclonale in breve è un anticorpo specifico, di cui si conosce l’affinità con uno specifico antigene (la molecola riconosciuta dal sistema immunitario.  Nel caso del SARS-CoV-2 la proteina spike). Sono prodotti con tecniche di ingegneria genetica a partire da uno specifico linfocita B. 

 

                          JA6Ij-RL85hIZrk17YBAFQ1V4xu7oWhoNRztzUrxwHSGh__0dwc-EGWjY0WIBmwg0-euQPZBgNxZ84axLZ1d-vPNTlnAv8N4RhCihknfAtOJobLyuVWKetWlXqV8h65uJKAFJns8z2S_o7zoN-6Art2uq-TD88cwZ-VvY2hl0JZgMJzPVRzTGAdCFb_Zlg

                          https://www.pfizer.com/products/product-detail/paxlovidtm  

 

Sono passati ormai quasi 3 anni dai primi casi di COVID, e  la ricerca sulla malattia, così come ci ha fornito i vaccini a tempi record[11], ora ci ha fornito anche i primi antivirali da usare a casa, nelle prime fasi della malattia, efficaci nel prevenire l’ospedalizzazione. 

Il 28 gennaio 2022 l’EMA (European Medicines Agency) ha approvato il Paxlovid, prodotto da Pfizer[12], un farmaco antivirale capace di rallentare la replicazione del virus attraverso il blocco di un enzima che lo stesso virus utilizza per la replicazione. Il Paxlovid è una vera propria terapia domiciliare, in quanto si può prendere a casa nelle primissime fasi della malattia, ed è attualmente indicata soprattutto in persone a più alto rischio di ospedalizzazione, in particolare pazienti con fattori di rischio come obesità, diabete, malattie immunodepressive, malattie respiratorie croniche, persone con più di 60 anni indipendentemente dai fattori di rischio etc. Lo studio, randomizzato, con gruppo di controllo ed in doppio cieco, ha coinvolto 2246 pazienti a rischio suddivisi in due gruppi: 1039 hanno assunto Paxlovid entro i primi 5 giorni dall’insorgere dei sintomi, gli altri 1046 hanno assunto il placebo. Nel gruppo di studio vi sono state 8 ospedalizzazioni e nessuna morte. Nel gruppo di controllo vi sono state 66 ospedalizzazioni e 12 morti. Il follow up è durato un mese. 

Il suo utilizzo per la gestione del paziente domiciliare è stato recepito nella circolare del Ministero della Salute del 10 febbraio 2022[13].

Grazie alla ricerca abbiamo ora a disposizione un arsenale completo per la prevenzione delle ospedalizzazione da COVID composto da vaccini e antivirali. Un’ottima notizia considerando che con questo virus ci dovremo convivere. 

 

L’iniziativa Chiedi le Prove è consapevole di come il dialogo sia l’unico modo per rendere una società realmente responsabile e attenta alle proprie esigenze. Rimaniamo sempre a disposizione qualora ci sia la volontà di dare origine a un dialogo che risulti costruttivo. 

Ringraziamenti

Ringraziamo il Dott. Andrea Zancanaro per il suo lavoro di revisione dei contenuti.


Bibliografia

[1]https://www.who.int/emergencies/disease-outbreak-news/item/2020-DON229  

 

[2] https://www.cdc.gov/coronavirus/general-information.html  

 

[3] https://medscimonit.com/abstract/full/idArt/935379 

 

[4] https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.07.24.21261007v1.full 

 

[5] https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19 

 

[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Stress_ossidativo


[7] https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioNormativaNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&anno=2020&anno=2020&anno=2020&anno=2020&anno=2020&anno=2020&anno=2020&anno=2020&area=213&testo=&tipologia=CIRCOLARE&giorno=&mese=&anno=2020&btnCerca=cerca&iPageNo=1&cPageNo=1  

[8] https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/advice-for-public/myth-busters#supplements 

[9] https://www.who.int/publications/i/item/WHO-2019-nCoV-Corticosteroids-2020.1 

      https://app.magicapp.org/#/guideline/L6RxYL 

[10] https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=null&id=5449 La circolare fornisce anche indicazioni sulla gestione del paziente pediatrico 

[11] Ne abbiamo parlato qui: https://www.chiedileprove.it/story/115 

[12] https://www.ema.europa.eu/en/news/covid-19-ema-recommends-conditional-marketing-authorisation-paxlovid

L’EMA ha rilasciato anche indicazioni di utilizzo per un altro farmaco, il Molnupiravir prodotto da Merck, farmaco comunque non approvato. Il Molnupiravir ha un meccanismo di azione diverso, si sostituisce ad alcune parti dell’RNA virale inducendo mutazioni casuali. 

https://www.ema.europa.eu/en/news/ema-issues-advice-use-lagevrio-molnupiravir-treatment-covid-19 

[13] https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioNormativaNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&anno=2022&anno=2022&area=213&testo=&tipologia=CIRCOLARE&giorno=&mese=&anno=2022&btnCerca=cerca&iPageNo=3