Nell’ultimo anno, a causa della pandemia provocata dal virus Sars-Cov-2, siamo stati costretti a trascorrere all’interno delle nostre abitazioni molto più tempo di quanto avremmo mai immaginato e, tendenzialmente, sperato. Per questo motivo, molti di noi si sono adoperati per cercare di rendere gli ambienti domestici più sicuri, accoglienti e gradevoli: alcuni hanno predisposto, nei loro ingressi, una zona dove igienizzare mani, scarpe e oggetti di ogni genere, altri si sono dati al giardinaggio, svaligiando i vivai aperti anche durante il lockdown e improvvisando gesta alla Russel Page pur avendo, spesso, non più di un piccolo balcone a disposizione e scarse abilità botaniche.
Qualcuno, invece, si è lasciato influenzare dai social cercando di replicare gli ambienti presenti su alcune piattaforme che, a discapito di qualche minima differenza, propongono alcune salde costanti: un eccesso di cuscini di ogni forma e collocati in ogni dove, uno smodato uso di lucine natalizie indefessamente accese tutto l’anno, un’elevata quantità di libri impilati in posti impensabili e miracolosamente dotati di copertine in pendant con i toni della stanza e un considerevole numero di candele di svariate forme, colori e profumazioni, ma sempre, rigorosamente, posizionate laddove possano facilmente provocare un vasto incendio.
L’eventualità di un incendio non è, però, l’unico motivo di preoccupazione che l’accensione delle candele può sollevare. Difatti, i fumi che derivano dalla combustione di materie solide od oleose contengono sostanze inquinanti, irritanti per le vie respiratorie e tossiche per l’organismo.
A tal proposito, è possibile scaricare gratuitamente, dal sito di Altroconsumo, il test 106, condotto nell’ottobre del 2013, con il quale è stata indagata proprio la presenza di sostanze cancerogene, irritanti, allergeniche e di COV (composti organici volatili) in prodotti quali i diffusori di profumo, le candele, le lampade ad olio profumate, gli incensi e gli oli essenziali.
Cosa fare? È il caso di cessare definitivamente l’uso di questi prodotti per non mettere a repentaglio la propria salute? Sembra che alcune aziende abbiano trovato una soluzione, almeno per quanto riguarda le candele, introducendo sul mercato un prodotto realizzato in cera di soia che vanta, stando alle affermazioni pubblicitarie, numerosi vantaggi sia dal punto di vista del rispetto per l’ambiente, sia per quanto riguarda la salute del consumatore.
Una delle aziende che commercializza candele di soia è l’italiana Heart&Home.
Sul loro sito è possibile scegliere tra una considerevole gamma di fragranze per l’ambiente, sia nella forma delle candele, proposte in diverse dimensioni e rigorosamente di soia, sia optando per l’acquisto di diffusori a stick, sacchetti profumati e bruciatori per essenze.
La descrizione delle candele è sempre la stessa e presenta delle affermazioni che hanno incuriosito la nostra asker, Costanza, spingendola a chiederne le prove.
Dopo aver fornito una giustificazione della scelta di usare la soia con motivazioni di carattere ambientale, il sito recita così: “Realizzata da una originale formula a base di soia, questa cera atossica, non solo è biodegradabile, ma genera una candela che brucia molto più a lungo, più lentamente e ad una temperatura inferiore rispetto alla paraffina. Inoltre, non rilascia quella fuliggine che emana una normale candela, consentendo di avere aria, ma anche superfici più pulite”.
Ciò che ha maggiormente colpito l’asker, è il fatto che la cera di soia venga definita atossica: Costanza ha chiesto a Heart&Home le prove di questa affermazione specificando che, proprio di recente, aveva seguito un corso antincendio durante il quale le era stato insegnato che la combustione di qualunque sostanza produce fumi potenzialmente tossici se inalati da un organismo vivente. Inoltre, la nostra asker esprime il suo stupore relativo all’affermazione secondo la quale una candela di soia non rilascia fuliggine e consente di avere aria e superfici più pulite.
La risposta di Heart&Home non si fa attendere e l’azienda, in modo disponibile e gentile, spiega all’asker che la frase sopracitata deve essere letta nel suo contesto perché, in questo modo, è possibile comprendere che si tratta di un’affermazione valida, ma relativa, che l’azienda non adopera in senso assoluto, ma solo all’interno di un confronto tra le candele in cera di soia e quelle in paraffina.
L’asker, perplessa dal fatto che la sua semplice domanda di prove anziché aver portato alla condivisione di materiale scientifico ha condotto ad una disamina relativa alla sintassi della frase in oggetto, fa notare che, in realtà, l’azienda formula un’affermazione di carattere assoluto descrivendo la cera come atossica. Proprio attenendosi alla sintassi della frase, infatti, questo aggettivo viene usato per descrivere il prodotto a prescindere da qualunque confronto con altre tipologia di candele: il paragone con la paraffina è relativo ai fattori relativi al tempo e alla temperatura di combustione, non ad altri parametri, soprattutto non alla tossicità.
Inoltre, anche ammesso che vada concessa una maggiore importanza al raffronto con la paraffina e che questo confronto possa essere esteso ad altre affermazioni, bisognerebbe, allora, fornire delle prove che dimostrino come la combustione della cera di soia sia preferibile a quella della paraffina e in base a quale fattori.
Dunque, l’asker torna a formulare la domanda originale e a chiedere se l’azienda possa fornire dei validi studi che comparino gli effetti della combustione della cera di soia e della paraffina sulla base di parametri quali la tossicità, l’azione irritante sulle vie respiratorie ed anche la pulizia dell’aria e delle superfici.
Heart&Home risponde solertemente ma, anziché fornire la documentazione richiesta, ribadisce la validità dell’affermazione e domanda a Costanza di qualificarsi indicando la propria professione e fornendo un numero di telefono, richiesta che viene disattesa dall’asker che non comprende in cosa risieda la necessità di fornire una qualifica professionale e un recapito ulteriore rispetto alla mail.
Chiedi le Prove è in accordo con questa posizione dell’asker in quanto la richiesta di prove è un atto che può essere legittimamente compiuto da chiunque, a prescindere dalla posizione lavorativa di chi avanza la richiesta: ogni potenziale consumatore ha il diritto di essere correttamente informato in merito alle caratteristiche dei prodotti che trova in commercio e di ricevere le informazioni necessarie a validare le affermazioni che riguardano le presunte proprietà di tali prodotti.
L’azienda replica, allora, suggerendo all’asker di rivolgersi a un laboratorio chimico per conoscere i processi ai quali si dimostra interessata e dimostra, in questo modo di dimenticare il principio fondamentale secondo cui l’onere della prova spetta sempre a chi pronuncia un’affermazione, non a chi ne chiede conto.
Poi, Heart&Home assicura di aver inoltrato la sua richiesta al loro reparto produttivo nel Regno Unito, il quale la contatterà Costanza per fornirle maggiori informazioni in merito al loro processo di ricerca.
Ad oggi, a distanza di alcuni mesi, non è ancora pervenuta una dichiarazione da tale reparto.
Nel frattempo, però, il team di Chiedi le Prove ha deciso di contattare un esperto del Cicap per provare a fare un po’ di chiarezza.
L’esperto interpellato, il professor Garlaschelli, è un chimico che, per prima cosa, ha provato a stabilire cosa sia effettivamente la cera di soia che compone le candele.
Ci sono due possibilità, ma in entrambe il punto di partenza è l’olio di soia.
Nel primo caso l’olio viene fatto riposare a lungo, in questo modo cristallizza e si producono delle scaglie: si tratta di un composto solido che dovrebbe essere denominato “burro di soia” o “grasso di soia”.
La seconda ipotesi è che l’olio di soia venga, invece, sottoposto al processo industriale di idrogenazione che porta alla creazione una sorta di “margarina di soia” usata poi per le candele.
In entrambi i casi stiamo parlando di un trigliceride, molecola di grasso formata da glicerina e acidi grassi che, quando brucia, genera quasi sempre fumo e acroleina, una sostanza acre e tossica.
Il chimico del Cicap spiega che, difatti, le vecchie lampade ad olio di oliva presentavano lo stesso problema: producevano un fumo denso e un pessimo odore. Solo gli individui più abbienti, un tempo, potevano permettersi di utilizzare la cera d’api, la quale, essendo un monoestere di un alcool unito a una catena di acido grasso, quando brucia non produce la pericolosa acroleina.
Le candele moderne, invece, sono composte principalmente di paraffina e acido stearico , cioè catene di idrocarburi che, bruciando, producono acqua e anidride carbonica.
Sulla base di tali considerazioni, dunque, sembra che sia meno inquinante una candela a base di paraffina piuttosto che una candela composta da olio, che sia di soia o altro.
E’ corretto sottolineare che, essendo la paraffina un derivato del petrolio, non si tratta di un prodotto ottenuto da fonti rinnovabili e, dal punto di vista ambientale, una candela di soia può essere ritenuta preferibile rispetto ad una di paraffina.
Però, le affermazioni di cui la nostra asker ha chiesto le prove non vertono su questo tema: riguardano il fatto che la cera di soia è sia descritta come una sostanza atossica, che consente di avere aria e superfici più pulite. In merito a tali questioni, dunque, non è stato fornita alcuna prova adatta a validare le parole dell’azienda Heart&Home.
L’iniziativa Chiedi Le Prove è consapevole che il dialogo sia l’unico modo per rendere una società responsabile e attenta alle proprie esigenze. Rimaniamo sempre a disposizione qualora ci sia la volontà di dare origine a un dialogo che risulti costruttivo.