Siamo delle cavie?

Risposta breve: NO.

Siamo delle cavie?

Uno degli argomenti più discussi del momento è sicuramente il vaccino per il SARS-CoV-2. Il momento in cui i primi vaccini verranno approvati è sempre più vicino, e diciamolo, questo sta avvenendo a tempi record. Il primo pensiero va al vaccino Pfizer la cui fase 3 si è già conclusa, è il primo candidato per cui questo avviene. Inevitabile che se ne faccia un gran parlare. Uno dei timori che corre tra chi non si vuole vaccinare consiste nel credere che, data la velocità con cui si stanno sviluppando, questi vaccini non siano stati testati o lo siano stati poco. In pratica i primi a ricevere il vaccino sarebbero delle cavie. Ma è davvero così? La risposta breve è no. Vediamo perché, ma prima cerchiamo di capire come vengono sviluppati i vaccini. 

Prima che un vaccino possa essere commercializzato,deve passare attraverso una serie di fasi fondamentali. Si sente spesso parlare di fase 1, fase 2 e fase 3, ma cosa sono? Prima di parlare di ciò dobbiamo fare un passo indietro, in quanto un vaccino (così come un farmaco) deve prima passare attraverso altri step come dicevamo, anteriori alla sperimentazione umana. Tra questi possiamo citare i test in vitro, fatti sulle colture cellulari, o le sperimentazioni animali. Senza queste fasi si arriverebbe alla fase umana completamente alla cieca, e ciò potrebbe comportare grossi rischi. I test in vitro danno una prima indicazione di come il vaccino potrebbe comportarsi su determinati tessuti cellulari e permette di valutarne l'eventuale tossicità, anche se questo non è esaustivo in quanto l'effetto della stessa molecola o dello stesso vaccino su un organismo intero potrebbe essere molto diverso, ma questo permette già di fare una prima selezione delle molecole più promettenti. La sperimentazione su animali invece permette di testare il futuro vaccino su modelli affidabili, sufficientemente da darci preziose indicazioni su tossicità, benefici e dosaggi. Gli animali non vengono scelti a caso, ognuno rappresenta un buon modello per uno o più aspetti specifici. I moscerini della frutta ad esempio sono un buon modello per lo studio del sistema nervoso, sembra strano ma è così.

Tutto questo iter può essere molto lungo e potrebbe durare anche dieci anni, questo perché la fase esplorativa è tutt'altro che semplice, in quanto individuare la parte di un virus che può fungere da bersaglio per il vaccino non è affatto cosa facile. Così come non è semplice decidere su quale tipo di vaccino puntare. Ma allora perché dopo nemmeno un anno abbiamo già i primi vaccini? Lo vedremo tra poco.

La parte finale, ovvero la sperimentazione umana, viene distinta fondamentalmente in tre fasi.

Fase 1: viene fatta su un gruppo ristretto di soggetti sani e serve a valutare dosaggi e tossicità.

Fase 2: si amplia il numero di soggetti sui quali viene condotta la sperimentazione e si valutano sicurezza e risposta immunitaria.Si valutano gli effetti collaterali più vistosi. 

Fase 3: è la fase finale e viene condotta su decine di migliaia di persone. Questa fase serve a valutare l'efficacia, del vaccino confrontandola con un placebo. Si valuta inoltre la sicurezza su una scala più ampia e possono essere portati a galla quegli effetti collaterali che potrebbero essere sfuggiti. In caso di reazione sospetta una commissione indipendente provvederà a valutarne la natura, ovvero se può essere correlata al vaccino oggetto di test o meno. Decine di migliaia di persone vengono divise in due gruppi, uno riceverà il vaccino, l'altra un placebo. Questo avviene in modo del tutto casuale e senza che i volontari né gli sperimentatori sappiano cosa ha ricevuto uno e cosa ha ricevuto l'altro. Uno studio architettato in questo modo si dice randomizzato, in doppio cieco e con gruppo di controllo. Questo serve ad evitare che pregiudizi, conoscenze pregresse o l’effetto placebo possano minare la valutazione dei risultati. Questi fattori che possono inquinare l'affidabilità dello studio si chiamano bias. Altri fattori importanti per minimizzare i bias consistono nel fare in modo che il risultato sia affidabile dal punto di vista statistico, vale a dire che ci deve essere una scelta accurata del campione nonché il reclutamento di un numero molto elevato di volontari. Se il campione non è numericamente sufficiente inoltre si rischia di andare incontro a un “rumore statistico” che potrebbe invalidare i risultati. Ci sono dei metodi matematici per stimare la grandezza del campione ma lo si può capire anche intuitivamente. Se una certa reazione avviene 1 volta su 1000, un campione di 100 non sarà sufficiente per osservarlo. Se un evento è raro si dovrà avere un campione grande per avere una statistica affidabile a riguardo. 

Quando un certo numero di casi della malattia che si vuole prevenire comparirà nei volontari si potrà dichiarare chiuso lo studio. Si valuterà quanti di questi casi sono comparsi nei soggetti vaccinati con il vaccino reale e quanti in quelli che hanno ricevuto il placebo e si valuterà l'efficacia. Se per esempio abbiamo 100 casi, di cui 50 comparsi nel gruppo A, e altrettanti 50 nel gruppo di controllo significa che il vaccino non è efficace perché non fa la differenza nel prevenire la malattia. Se invece su 100 casi quasi tutti sono comparsi nel gruppo di controllo, per esempio 90, allora significa che il vaccino è efficace al 90%.Questo tipo di approccio è del tutto etico in quanto le persone contraggono il virus durante la vita di tutti i giorni e non gli viene inoculato dagli sperimentatori. Lo avrebbero contratto comunque anche se non avessero partecipato alla sperimentazione. Affinché i risultati siano significativi dal punto di vista statistico il campione inoltre deve essere sufficientemente grande in relazione all’incidenza della malattia. Allo stesso modo è del tutto etico vaccinare solo metà dei partecipanti, altrimenti come è ovvio questo tipo di confronto non si potrebbe fare. Solitamente questi studi durano due anni.Tutte queste fasi rigorose richiedono necessariamente tempo, ma non sono fastidiosi impedimenti burocratici, bensì step necessari affinché i farmaci e i vaccini immessi in commercio siano sicuri ed efficaci.

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Una cavia che chiaramente si sta ponendo la stessa domanda a titolo di questo articolo. Nel suo caso la risposta *potrebbe* essere diversa!!             Credits: royalty-free, pixfuel

 

Come anticipato prima non ci abbiamo messo dieci anni a sviluppare il vaccino contro il Sars-CoV-2. Perché? Molto utili sono stati gli studi fatti sui precedenti coronavirus, quelli di SARS e MERS, con cui il SARS-CoV-2 è strettamente imparentato, soprattutto con il primo. Grazie a questi studi è stato possibile saltare praticamente a piè pari la fase esplorativa, in quanto il bersaglio del vaccino è risultato subito chiaro: la proteina spike, quella che il virus utilizza per entrare nelle cellule. Addirittura gli studi pre-clinici e tossicologici sui vaccini che si stavano studiando per SARS e MERS sono serviti per lo sviluppo degli attuali vaccini.  Lo sviluppo del vaccino per la SARS è stato abbandonato in quanto questa malattia è scomparsa dal 2004. Non è scomparsa come per magia intendiamoci, ma siamo stati molto bravi a contenere il virus, anche grazie alle sue caratteristiche: nonostante avesse una maggiore letalità aveva una capacità inferiore di trasmettersi da uomo a uomo ed i malati erano contagiosi soprattutto nella fase più avanzata della malattia.  In ogni caso gli studi che sono stati fatti sulla SARS hanno permesso di risparmiare un sacco di tempo.

Le fasi I, II e III stanno procedendo in maniera più spedita del solito (la fase III è durata mesi, non anni. Le fasi I e II quasi sovrapposte).Su questo c'è qualche considerazione da fare. Per prima cosa arrivare al numero necessario di casi per dichiarare chiuso lo studio è molto più veloce con una pandemia in corso. Inoltre sarà pur vero che nulla deve essere sacrificato dal punto di vista della sicurezza, ed è anche vero che di solito la fase 3 dura comunque due anni (infatti il monitoraggio dei volontari che hanno partecipato allo studio Pfizer continuerà per due anni), ma è anche vero che nei test fino ad ora condotti e sui test sui primati non umani non è stata rilevata nessuna particolare preoccupazione degna di nota, se non effetti collaterali su una piccola percentuale di volontari, che comunque sono lievi o moderati e sempre transitori. La fase III concernente il vaccino Pfizer ad esempio comprendeva più di 40000 persone e nulla è stato sacrificato in quanto ad architettura dello studio. Il vaccino inoltre ha dato pochi effetti collaterali, comunque transitori.

Un'altra considerazione sta nel fatto che in tema di vaccini si sa dove si va a parare più o meno. Sappiamo ad esempio che i vaccini a virus inattivato danno meno preoccupazioni dei vaccini a virus solamente attenuato (per ovvie ragioni. Un virus attenuato potrebbe provocare la malattia in soggetti immunodepressi o mutare e provocare problemi. Un virus inattivato no). Sappiamo anche che le preoccupazioni per quanto riguarda gli effetti collaterali a lungo termine dei vaccini a mRNA sono piuttosto scarse (l'mRNA degrada in fretta ad esempio)[2]. Ma cos’è un vaccino a mRNA? Nella cellula viene iniettato l’RNA messaggero che codifica le istruzioni necessarie per sintetizzare la proteina spike (come sappiamo il DNA non esce dal nucleo della cellula, le istruzioni su come sintetizzare le proteine vengono portate all’esterno mediante l’RNA messaggero). La cellula riconoscerà l’mRNA come proprio e attraverso i ribosomi produrrà proteine spike che scateneranno la risposta immunitaria. L’ RNA messaggero viene portato all’interno della cellula incapsulato in dei lipidi. Il vaccino Pfizer è a mRNA, così come altri vaccini attualmente sviluppo (Moderna ad esempio).  

Dopo tutto quello che abbiamo detto, possiamo ancora considerarci delle cavie? Decisamente no direi. Detto questo non si può certo saltare addosso (in senso figurato) a chi richiede di poter visionare uno studio scientifico pubblicato su una rivista autorevole prima di prendere una decisione riguardo il vaccinarsi o meno. Ci si riferisce a quanto detto dal Virologo Crisanti, cioe’ che non si vaccinerà fino a che non sarà pubblicato uno studio scientifico su una rivista autorevole appunto, in quanto ritiene che sia troppa la velocità con cui il vaccino Pfizer e altri candidati sono stati sviluppati e che le conoscenze in merito non siano sufficienti. C’e’ comunque da considerare che Pfizer ha fatto sapere che si sta adoperando affinché questo avvenga. In ogni caso i vaccini non vengono mai commercializzati sulla parola, ma devono essere approvati dalle autorità regolatorie. FDA o AIFA ad esempio. Allo stesso modo è comune imbattersi sui social in commenti che esprimono preoccupazione riguardo la velocità con cui i vaccini contro il SARS-CoV-2 sono stati sviluppati e soprattutto esprimono dubbi sull’adeguatezza dei test. In pratica serpeggia il timore di fare da cavia.                                                                                                            Visionare le prove deve essere un diritto di ogni cittadino, soprattutto nel caso di un vaccino, è un atteggiamento sano e da incoraggiare per avere una società più trasparente e in grado di prendere decisioni evidence-based per il bene di tutti. In questo articolo si voleva porre l'accento sul fatto che anche durante questa pandemia la scienza, con le sue procedure non è venuta affatto meno e che le preoccupazioni sul "fare da cavia" sono comunque infondate, ed è sbagliato che sia passato questo messaggio. L'approccio deve essere quello di far conoscere il più possibile il modo in cui la scienza opera, maggiore ne sarà la comprensione maggiore sarà la fiducia che avremo in essa e maggiore sarà la nostra capacità di prendere decisione evidence-based.       

 Approfondimenti:

1) Vaccini SARS-CoV-2 in sviluppo

2) Il vaccino a mRNA

3) Panoramica su come funzionano i vaccini SARS-Cov-2 in sviluppo